Il borgo sorge alle pendici orientali del Monte Stella, rivolto verso l’entroterra cilentano in una posizione strategica per la vicinanza alle famose località balneari di Castellabate e Montecorice. Paese di origine medioevale, fa parte del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano. La produzione di fichi secchi e la lavorazione del legno, sono alcune delle attività tipiche di questo borgo collinare disposto su più livelli, fatto di stradine lastricate, case in pietra e scale. Da visitare la chiesa di Santo Stefano, quella di Santa Maria delle Valletelle e il caratteristico Torrino-orologio.
Oltre alle ville e ai palazzi signorili che ricordano la storia e la cultura del borgo, è possibile perdersi nei panorami suggestivi che sconfinano dal golfo di Policastro alla costiera amalfitana. Se si è amanti dell’arte non va tralasciata la pinacoteca “Pietro Volpe” e chiunque voglia conoscere meglio questo luogo può intraprendere il percorso della valle dei mulini.
Prima notizia è in un processo del 1110 celebrato dal giudice Maraldo nel monastero di S. Michele Arcangelo di Perdifumo. Tra i presenti vi erano, oltre il grande abate Pietro da Salerno, il presbitero Desideo di Sessa. Del villaggio è pure notizia nella delimitazione dei confini dei beni di Guglielmo Sanseverino e dell'abbazia di Cava del marzo del 1187.
Il villaggio, che non fu mai soggetto alla Badia cavense, nel 1276 era compreso nella baronia di Rocca, quando la baronia venne restituita da re Carlo a Ruggiero Sanseverino. Nel 1392 e negli anni seguenti, il feudo apparteneva ai Capano di Rocca, e propriamente a Mazzeo Capano che aveva sposato Giulia Caracciolo di Napoli. A Mazzeo successe il figlio Buzzano che fu spogliato dei beni, poi restituiti al nipote Francesco. Un discendente di quest'ultimo, Bernardino, alienò il feudo, con patto di ricompra, a Orazio Verduzio di Celso. Da questo il feudo passò al nipote Marzio, poi al nipote Antonio Maria e da costui a Giuseppe Verduzio, il quale nel 1693 lo vendette a Giovanni A. Volpe. Da questo il feudo passò alla figlia Lucrezia, la quale vendette Sessa il 23 giugno 1698 a Giovan Battista Cardone che alienò il feudo a favore del fratello Tommaso, marchese di Melito e di Prignano. Da costui il feudo tornò alla famiglia Verduzio per le nozze tra Anna Cardone, sorella di Tommaso, e Antonio Maria Verduzio.
Da questo il feudo passò a Felicia in occasione del suo matrimonio con Giovanni d'Afllitto, barone di Roccagloriosa. In un istrumento rogato a Sessa si legge che tra i convenuti c’erano la baronessa Antonia Verduzio di Sessa e il marito Giuseppe d'Afflitto, patrizio napoletano. Nel 1734 la baronessa alienò il feudo a favore del duca Nicola Petrone, che nello stesso anno, lo vendette a Tommaso Garofalo, al quale successe, per disposizione testamentaria, il figliuolo Giuseppe.
Completa le notizie sulle successioni feudali il Cedolario: da Tommaso Garofalo, marchese di Camella (m. 3 aprile 1763), il feudo passò al figlio Giuseppe (m. 30 ottobre 1786). Da costui al figlio Nicola che nel 1792 vendette il feudo a Ercole Giordano, il quale ne ottenne l'ultima intestazione (17 agosto 1793).
L'Antonini accenna appena a Sessa. Il Giustiniani, che ubica il villaggio a 34 miglia da Salerno su un luogo montuoso e poco fertile, afferma che la maggior parte dei suoi 700 abitanti erano dediti «alla pastorizia ed a lavorar vasi di rozza creta».
LATITUDINE: 40.2572877
LONGITUDINE: 15.074824799999988
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